Un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente
naturale, attraverso lo studio di vari progetti di architettura e design
secondo il filo conduttore del design ricostituente.
È iniziata il primo marzo scorso questa XXII Triennale di
Milano. Broken Nature: Design Takes on Human Survival mette in evidenza il
concetto di design ricostituente e studia i legami – alcuni sfilacciati,
altri tragicamente spezzati – che collegano gli esseri umani ai loro ambienti
naturali.
Questa XXII edizione della Triennale curata da Paola
Antonelli, – curatrice per l’Architettura e il Design e direttore Ricerca e
Sviluppo del Museum of Modern Art di New York – insieme al team composto da Ala
Tannir, Laura Maeran ed Erica Petrillo, e allestita da Studio Folder e Matilde
Cassani, è una mostra con uno statement di grande potenza: l’era
dell’antropocene sta per avviarsi alla conclusione. La violenza esercitata
sulla natura dalla specie umana ha alterato l’ecosistema terrestre fino
a un punto di non ritorno, ha innescato dei processi irreversibili che
porteranno alla Sesta Estinzione, quella dell’uomo.
Il ruolo del design nella Sesta Estinzione
Ma che ruolo ha il design in tutto questo? Può salvare
l’uomo dall’estinzione? No. Il design è convocato in questa mostra per altri
scopi: la sua prima funzione è di natura speculativa, deve
aiutare l’uomo a comprendere la natura inevitabile del suo destino e ad
accettarla. La seconda funzione è quella di progettare questo avvicinamento
alla fine, alla sparizione, nella maniera più elegante, filosoficamente
preparata, e razionalmente pragmatica possibile.
Raising Robotic Natives esplora le interazioni tra bambini e robot, che potrebbero portare alla prima generazione di "nativi robotici". Proprio come i nativi digitali crescono nel mondo digitale, i nativi robotici nascono in un ambiente che si sta adattando ai robot
Stephan Bogner, Philipp Schmitt and Jonas Voigt, Raising Robotic Natives. 2016. Photo: Courtesy the designers
Esplorando architettura, oggetti e concetti di design di
ogni tipo e materiale, Broken Nature celebra la capacità del design di
offrire una visione approfondita delle questioni chiave della nostra epoca.
Rivolgendo la sua attenzione all’esistenza umana, la XXII Triennale promuove l’importanza
delle pratiche creative nel rilevare i legami della nostra specie con i
sistemi complessi del mondo e nel progettare riparazioni, quando necessario,
attraverso oggetti, concetti e nuovi sistemi.
Anche per tutti coloro che credono che la specie umana si
estinguerà, il design – ironia della sorte – presenta i mezzi per pianificare
una fine più elegante e assicurare che le prossime specie dominanti ci
ricordino con un minimo di rispetto, come esseri dignitosi e premurosi, se non
intelligenti.
I tessuti indossabili Sun+, Unseen Glasses (2012) di buro BELÉN (Brecht Duijf, Lenneke Langenhuijsen)
Per gli esseri umani, progettare è una condizione
legata ad una forma di ottimismo fideistico: non siamo abituati a
pensare a progettare in previsione della fine certa. Ma questo ottimismo ha
ormai qualcosa di sinistro e ottuso, perché assume che l’unico sistema
possibile per stare al mondo sia questa forma di sviluppo estrattivo, dominante
e distruttivo. Il buon design, quello selezionato per la mostra, nasce da una posizione
scettica, dal pessimismo che induce a cambiare le cose e i
comportamenti.
Il set Anima (2018) realizzato da Kosuke Araki con rifiuti alimentari
Ore Streams, Low Chair (2017) del duo Formafantasma (Simone Farresin, Andrea Trimarchi) / © IKON. Courtesy Nicoletta Fiorucci, London and Giustini/Stagetti, Rome with support by StimuleringFonds and National Gallery of Victoria
La XXII triennale consiste in una mostra tematica e diverse
installazioni di quasi 30 partecipanti internazionali: iniziata il primo
marzo scorso, terminerà il primo settembre 2019. La mostra culmina nel
padiglione della potentissima Nazione delle piante, a cura di Stefano
Mancuso. L’assunto di base di questa ultima esposizione immersiva è un drastico
ribaltamento del senso comune: non ha senso guardare al mondo vegetale
come vittima dell’uomo, ma come modello di forza.
La Nazione delle piante © La Triennale di Milano foto Gianluca Di Ioia
«Le Piante esistono
sulla Terra da molto più tempo di noi, si sono meglio adattate e probabilmente
ci sopravvivranno: nella loro evoluzione hanno trovato soluzioni tanto
efficienti, quanto non predatorie nei confronti dell’ecosistema in cui noi,
assieme a loro, viviamo». La liberazione dal copione vittimario permette di
osservarle con occhi nuovi, di imparare – secondo una formula postmoderna molto
fortunata – da loro.
La mostra tematica Broken Nature consiste in tre
importanti commissioni e numerosi prestiti. Un ambizioso programma pubblico di
eventi – con conferenze, panels, workshop, proiezioni e spettacoli – le fa da cornice.
La mostra e le partecipazioni internazionali sono installate negli spazi della
Triennale di Milano e nelle aree circostanti di Parco Sempione, dove si trova
il Palazzo dell'Arte, l'edificio che ospita la Triennale.
Maggiori informazioni su:
Triennale
di Milano
Broken Nature